
… trent’anni fa. Anzi trentadue, per essere precisi. Era l’estate del 1985. Sedici anni, wow.
In realtà il mio rapporto con il mare era iniziato molto prima di quell’estate dei miei sedici anni. Avrò avuto sette o otto anni al massimo, quando la mia mamma mi mandò per la prima volta alla scuola di vela della Lega Navale. Avanti e indietro sotto a un sole spietato con quei gusci inguardabili, gli optimist, dei cosi che a guardarli non sembrano una barca a vela neanche dopo sette mojitos. Le due massicciate che delimitano il golfo di Rapallo, quella del porto da una parte e quella dei bagni Porticciolo dall’altra, erano le mie colonne d’Ercole: il mio mare navigabile si esauriva all’interno del golfo, e quando capitava che mettessimo fuori il naso anche solo per pochi metri, mi sentivo come se fossi in mezzo all’oceano, con una vastità d’acqua tutto intorno a me che mi inebriava.
Ma le cose più divertenti, leggasi le più stupide, le facevo lontano dagli istruttori di vela. Avevo un amico con il quale provavamo a far navigare qualsiasi cosa. Ricordo che una volta costruimmo una vela per un canotto a remi con due grossi sacchi neri della spazzatura, un manico di scopa come albero, e attraversammo il golfo di Rapallo scendendo con il vento in poppa, solo per il gusto di muoverci a vela, costretti poi a risalire a remi contro vento e contro corrente per rientrare alla nostra spiaggia. Pronti a ritirare su il nostro manico di scopa e farlo di nuovo.
Era il 1985, e il 1 maggio avevo compiuto sedici anni. A quell’epoca sedici anni erano un traguardo, se ti piaceva il mare. Perché dai sedici anni in poi si può portare in mare un natante a vela, da soli. Senza “i grandi” a farti da balia. Il mio amico aveva uno splendido dinghy in legno, una barca vera, solo che lui compiva gli anni ad agosto, e siccome lui non scendeva da quella barchetta neppure per dormire, ecco che i miei sedici anni erano la chiave per poter andare in giro da soli. Lui ed io. Che estate. Credo che durante quell’estate, su quella barca, sia nato un vero velista. Uno che ama il mare più della terra, a cui piace vedere la vita da dietro un timone. Uno capace di mollare tutto, e vivere guardando la terra da lontano. Lui, appunto, il mio amico. Io, invece, ho continuato a studiare, il liceo è diventato l’università, l’università ha lasciato la strada al lavoro, e ad una vita normale. Ma sempre con questo amore per il mare, che fin da bambino mi accompagna come un amico immaginario.
Per cui adesso, nel mio piccolo, ci provo anche io. Provo a realizzare questo sogno.